martedì 20 gennaio 2009

Cenni sulla lingua dalmatica

LA LINGUA DALMATICA
Studio di Francesco Covelli


Con il nome di “dalmatica” s’ intende l’idioma neolatino prevenuto della Dalmazia oggi estinto, formatosi dalla diretta continuazione del latino sulla costa dalmata completamente romanizzata.
Dante non fa alcun cenno al dalmatico nel “De vulgari eloquentia”, ma già alcuni storici delle crociate, viaggiatori, ecc., parlano, dal sec. XII in poi, del “latino” o “romanzo” o “franco” della Dalmazia, e specialmente delle città di Zara, Spalato, Ragusa e Antivari. Per Veglia, il Giustiniani (sec. XVI) afferma che esiste “un idioma proprio…”.
L’area di questa lingua doveva essere limitata alla costa e alle isole, partendo dal sud di Fiume e giungendo fino a Cattaro, o più probabilmente ad Antivari. In favore di una maggior estensione del dalmatico a sud di Cattaro, in territorio ora linguisticamente albanese, parlano i caratteri fonetici dei toponimi latini dell’Albania settentrionale.
La lingua dalmatica ha avuto la forza di resistere in quei territori in cui era meno minacciata dall’invadente slavo, poiché, se è vero che la venuta degli Slavi risale al sec. VII, è altrettanto vero che questi, per lungo tempo, non osarono avventurarsi fino al mare. Premuto dalla parte della terraferma dallo slavo; a sud, sebbene lievemente, dall’albanese, ma specialmente dalla crescente penetrazione veneta, il dalmatico si ridusse ad essere parlato in poche oasi.
Quando si spense anche lì?
Mancano prove certe per rispondere; a Zara, per esempio, che subì fortemente l’influsso veneziano, assai presto; a Ragusa, che non fu che per brevissimo tempo alle dipendenze dirette di Venezia, solo sul finire del XV, e infine a Veglia, in una parte del popolo minuto, fino ad assai tardi; l’ultimo vecchio che parlava il vegliato, Antonio Udina detto Burbur, morì nel 1898.
I documenti che esistono del dalmatico non sono che saggi di una lingua moribonda. Questa lingua ha tuttavia esercitato, quando era ancora fiorente, un notevole influsso sugl’idiomi che sono venuti a contatto con lei.
Nel serbocroato (e specialmente nel dialetto di Ragusa) si trovano numerosi elementi dalmatici, facilmente riconoscibili dai posteriori elementi veneti per le peculiarità fonetiche (per esempio: kupijerta del serbocroato di Ragusa proviene dal dalmatico, nel veglioto kopiarta, mentre kuverta di Arbe, ecc., deriva dal veneto koverta); alcuni elementi dalmatici si conservano tuttora nel veneto di Veglia.
Un problema di capitale importanza è quello della posizione del dalmatico nel seno della famiglia neolatina.
Ferme restando alcune coincidenze con il romeno e con l’albanese, il linguista più benemerito degli studi sul dalmatico (M.Bartoli) si è proposto di dimostrare i rapporti strettissimi con l’italiano meridionale e più precisamente con i dialetti della zona abruzzese-pugliese che, anche geograficamente, vengono a trovarsi di fronte alla Dalmazia. I suoi risultati sono stati accettati da molti studiosi italiani e stranieri; tuttavia c’è stato chi si è opposto a questa teoria (Clemente Merlo) ed ha cercato di dimostrare che il vocalismo e specialmente il consonantismo del dalmatico (veglioto) sono in fondo ladini.
Non ci può essere dubbio circa l’esistenza di stretti rapporti con il romeno, ma mentre il primo di questi studiosi vede nel dalmatico un membro di quella zona romanza che egli chiama “appennino-balcanica” e che congiunge l’italiano meridionale con il romeno, il secondo vede nel veglioto un anello della catena che riunisce il ladino al lontano romeno.

FONTI:
Per la conoscenza del dalmatico esistono fonti dirette ed indirette.
Le fonti dirette sono costituite dal materiale documentario, fornito specialmente dagli archivi di Ragusa, e, in prima linea, dai saggi di dialetto raccolti da vari studiosi sulla bocca degli ultimi parlanti il dalmatico, limitati purtroppo all’estremità settentrionale del territorio dalmatico, dove tale idioma si conservò più a lungo che altrove, nell’isola di Veglia.
Le fonti indirette sono costituite dalla toponomastica, e dagli elementi dalmatici incorporati negl’idiomi che si sono sovrapposti all’antico dalmatico (specialmente nel serbocroato).
Il più antico documento dalmatico (per tacere di qualche inventario raguseo del secolo XIII) è costituito da una lettera zaratina del 1397.

Nessun commento:

Posta un commento