Le Varvuole (leggenda nella parlata veneta di Grado)
E cussì lafè gnanche co le varvuole no bisogna trescah savè? anche ele ze strighe de spirto maligno distinae de 'ndah a vagabondando pe 'l mondo.
Per la più parte de l'ano, sìa de dì che de note le se fa vegheh poco: perchè le sta quete e scose su le marine, de Golamento in quà sin de Morgo e più in là, ma più de spesso in Ponta de Barbacale e in marina de San Piero comò anche in questa de le Fontane. De dì, se sa, ele fandose in montarusse de sabion co desora piante de spin e de brule, e in garghe taca soloso 'l mar in muci de scusseo missiao co volaiga, gnissun pol veghehle e per de manco cognossehle. Se va a caminando pe' ste marine via e j fola forsi addosso, senza corzehse e capih ninte, ma giovardi, nievi mie biniditi a saveh che ze ele e montahj sora per despeto! Dalongo 'le ne farave cageh per-tera in sparassisimo puo a deventh in cagiandene in umaghe, in pote-marine e in oltre bestie, o in volaiga e scusseo, ossia in duto e per duto comò che le se fà ele, e tocarave, lafè, restah cussì per ognissempre de la nostra vita senza spierah de liberahse mai più, comò che, magari cussì no, ha tocao purassê volte, che omini e femene che ze 'ndai a capame, a brule e rusta e in quii parisi, puo quel'aneme no s'ha pussuo più a veghehle a tornah indrio. Cô in man in man se và a la volta de le note curte, che le scuminzia a fah 'l stransito che de quà le va sin a Tagiamento, a Caurle, Piave e più anche in colà sin la Ponta de la Maistra in Valle de Comacio; ma puo cô revien le note longhe le torna vegheh su per tramontana, e cô ze dalongo drio Nadal quà le riva in vagazion sù le nostre marine: per passah le lame e i canali 'le se strassina drio una barca longa longa de vero, che in mar, se fa maltempo, 'le 'ncanta le ristie e le sionere, la piova i lampi e i tuni e che vogando le fà più fuga de 'l bapor. Duto questo se sà, ben capio, se veghe nome che de note e de dì sempre de ele ze duto sito, duto queto e duto scoso, comò che za v'he dito.
Sinchè propio cô riva la sera de la Pifania, bisogna d'esseh a casa bonora e stah buni e pregah le sante orassion, co intanto fregah ben co l'agio i cagnassi e le seraure de le porte, açiò che no 'le vegna drento a tohve per portahve via a Comacio e cussà indola pe palui e deserti. Perchè queste zè aneme maligne fige de fade, condanae de 'ndah a vagando per duto 'l mondo, comò che 'l vien quà per le nostre marine.
Le ze stae viste più volte persin a tirah la trata su i Dossi de l'Oro, e là puo a sentahse partera sul sabion in bòssolo, 'mpigiah 'l fogo cuosehse 'l pesse, am desvanih dalongo duto quanto, cô garghe barca de i nostri pescäuri per curiositae se viçineva a la volta sova de ele. 'Le ha i dinti spuntìi e lunghi de rame, i cavili de fil de fero e vogi lustri e faliscusi de piera-bati-fogo, gambe de legno gropolose: 'le ze vistie de soto dute de stuora, co un capoto de reäto e co per butuni cortegae; brute che le fà spasemah 'nche i demuni. Cô 'le vien qua in päese co la so barca de vero longa longa (comò che me v'he dito) 'le riva zite dadrio 'l Reparo; e guai! Dio çe vardi e Gesù Maria! per duto Gravo, a fahj garghe insolensia, e che mamuli e mamole 'vessa de catahse fora de casa a stà ora despuo la 'Vemaria! Comò per le Varvuole a la sera de Pifania, bisogna meteh mente co paura anche per le fade galantine cô le vien fora de soto 'l Capitelo in Corte a balah e distirah 'l cordon de oro pe' incantah la zente che se sbassessa a tohlo suso e puo a fahla deventah in tante carieghe vecie a casa. Ma per desso quà de dihve basta.
Domenico Marchesini (Menego Picolo) (Grado, 1850-1924)
Le Varvuole *
E così, davvero, nemmeno con le varvuole bisogna scherzare, sapete? Anch'esse sono streghe dallo spirito malvagio, destinate a vagabondare per il mondo.
Per la maggior parte dell'anno, sia di giorno che la notte, si fanno vedere di rado: questo perché se ne stanno nascoste sulle marine, da Golamento fino a Morgo e più in là ma, ancor più spesso, sulla Ponta de Barbacale e sulla marina di San Piero, come anche in questa delle Fontane. Di giorno, si sa, trasformandosi in monticelli di sabbia con sopra piante spinose e di giunco marino, e in qualche posto lungo il mare in mucchi di conchiglie mescolate ad alga, nessuno può vederle e, tantomeno, conoscerle. Camminando lungo queste marine può capitare di calpestarle, senza accorgersi e rendersi conto di ciò che si è fatto; ma Dio ce ne scampi, nipoti miei benedetti, a farlo sapendo che ci sono loro, là sotto, e montargli sopra per dispetto! Subito vi farebbero cadere per terra con le convulsioni, per farvi diventare poi tartarughe, lumache, meduse o altri animali, o alga o frantumi di conchiglie, ossia in tutto e per tutto uguali a ciò in cui di solito loro si trasformano; e così toccherebbe, in verità, rimanere per tutta la vita senza sperare di potersi mai più liberare; com'è poi successo, purtroppo, molte volte ad uomini e donne che erano andati da quelle parti in cerca di conchiglie, di giunco marino o di quel tipo di gramigna con cui si fanno scopini e spazzole, senza che nessuno abbia potuto rivedere, mai più, quelle anime ritornare indietro. Dopo il solstizio d'inverno, quando le notti sono più brevi, da qui si trasferiscono su altre marine, alla foce del Tagliamento, Caorle, del Piave e più oltre fino alla Ponta de la Maistra e alle Valli del Comacchio; ma poi, quando ritornano le notti lunghe, le si torna a vedere portate dalla tramontana, e subito dopo Natale arrivano vagando sulle nostre marine: per oltrepassare gli avvallamenti tra i dossi e i canali, portano con sé una una barca lunga lunga di vetro, che in mare, se c'è brutto tempo, incanta le onde e le trombe d'aria, la pioggia, i lampi ed i tuoni e dove, remando, corrono più veloci di un battello a vapore. Tutto questo, beninteso, si può vedere soltanto di notte poiché di giorno di loro non si sente né vede niente, tutto è zitto e nascosto, sempre, come vi ho già detto.
Così, quando arriva la sera dell'Epifania, bisogna rientrare a casa presto e starsene buoni e dire le sante preghiere, e intanto strofinare con l'aglio i catenacci e le serrature delle porte, in modo che non riescano ad entrare per prendervi e portarvi via fino alle Valli del Comacchio o chissà dove, in quali paludi o deserti. Perché di anime maligne, figlie di streghe si tratta, condannate a vagare ovunque per il mondo, come accade anche qui sulle nostre marine.
Sono state viste più volte persino a pescare con le reti, sui Dossi de l'Oro, e là poi sedersi in crocchio, accendere il fuoco, cuocere il pesce, per poi svanire all'improvviso se qualche barca dei nostri pescatori per curiosità cercava di avvicinarsi. Hanno denti appuntiti e lunghi di rame, i capelli di fil di ferro e occhi lucidi e scintillanti come una pietra focaia, gambe di legno nodose; sono vestite di sotto con della stuoia, con un cappotto fatto di rete a grandi maglie e che ha, come bottoni, i sugheri delle reti dei pescatori; brutte da far spavento anche ai demoni. Arrivano qui in paese con la loro barca di vetro lunga lunga (come vi ho detto), silenziose dietro la diga verso il mare; e guai! Dio ce ne scanpi e Gesù Maria! per tutto Grado, a far loro qualche insolenza, e che bambini e bambine mai si trovino fuori casa dopo l'Avemaria! Come nei confronti delle Varvuole durante la sera dell'Epifania, bisogna aver sempre timore anche delle fate più belle quando escono da sotto il Capitello in Corte, ballando e distendendo il cordone d'oro per incantare la gente che si abbassa per raccoglierlo e trasformarla, poi, in tante vecchie sedie nelle case. Ma, per adesso, basta così.
* Le Varvuole sono streghe o fate maligne che la sera dell'Epifania penetrano nelle case e portano via i bambini cattivi. Nel grande "Dizionario veneziano" di Manlio Cortellazzo troviamo "varòla, veròla" con il significato di "strega, befana", termine che probabilmente deriva da una malattia infettiva contagiosa che si manifesta con vesciche e pustole cutanee, detta " varòla, variòla, varuòla". Nota anche il testo cinquecentesco del Caravia: " E dalla Piffania / Co se l'Ave Maria / Le verole co i spei si me sbuela" ( "E durante l'Epifania / all'ora dell'Ave Maria / le streghe con gli spiedi mi sbudellano").
martedì 20 gennaio 2009
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